La finestra della cucina di casa mia dava sul vecchio e polveroso stadio Vincenzo Rispoli di Ischia.
Mia mamma era sistematicamente sul nervoso ogni domenica pomeriggio intorno alle due quando, con la tavola ancora apparecchiata, iniziavano ad arrivare amici e conoscenti che venivano a vedere l’Ischia dal balcone di casa.
Clamoroso un pomeriggio quando bussarono dei ragazzi di una radio cosentina.
Si sarebbe giocata, da lì a poco, Ischia Cosenza nel primo campionato di C dei “gialloblè”.
Gli inviati calabresi chiedevano ospitalità per poter fare la radiocronaca della partita. Un tam tam sconosciuto da Cosenza aveva loro avvisati che una famiglia abbastanza ospitale, la nostra, ad Ischia avrebbe sicuramente offerto un riparo per la trasmissione.
Così fu. Vista la tavola ancora imbandita pranzammo insieme senza che ci fossimo mai conosciuti prima.
Quasi impensabile al giorno d’oggi.
Alle 14 e 30 puntuale con l’inizio della partita “a casa” si accendeva la radio per Tutto il calcio minuto per minuto. E la passione per l’Ischia che accomunava tutti noi si divideva tra le varie fazioni di milanisti, interisti, napoletani e juventini. Una splendida fotografia di passione ed amicizia.
Finite le partite, caffè e tressette in attesa di 90mo minuto.
Il mio televisore in salotto, l’unico a colori, aveva mille problemi.
Il principale era lo schermo.
Aveva bisogno di circa due ore, dopo l’accensione, perché lo si potesse vedere non in bianco e nero.
Uno dei miei fraterni amici di gioventù, il più preciso di tutti, Emilio oggi stimatissimo dentista, provvedeva, verso la fine delle partite, ad accenderlo per far si che si potesse guardare Paolo Valenti e la sua ineguagliabile squadra.
Ma era l’unica variabile in un mondo di certezze. Le partite iniziavano tutte alle 14:30 ed alle 16:15 avevamo una classifica certa. Non c’erano zuffe televisive ma eleganti colpi di fioretto tra i duellanti dai vari campi.
Gli inviati in fin dei conti erano nostri amici domenicali. Ed in virtù di questa frequentazione tanto costante, e quasi intima, al loro apparire venivano apostrofati, con un cinismo terribile, con i peggiori commenti che l’uomo è in grado di profferire.
Carino da Ascoli per la sua involontaria comicità legata ad una timidezza di fondo che gli trasmetteva non poche difficoltà di eloquio.
Strippoli dalle Puglie, per il Bari ed il Lecce, per un riporto tragico.
Ferruccio Gard da Verona e Vicenza per il suo meraviglioso accento veneto ed una improbabile pettinatura.
Giannini da Firenze ultras viola e Pasini da Bologna, che lasciò la vita durante il derby dell’appennino dopo un gol di Eraldo Pecci.
Scardova, il rosso, che ne prese il posto.
Gianni Vasino da Milano, Bubba da Genova.
Ennio Vitanza da Milano, Marco Lucchini da Milano, Cremona e Como, Mario Guerrini, Beppe Barletti da Torino, il grandissimo Beppe Viola da Milano, Pino Patti da Torino, Franco Costa da Torino, Paolo Arcella, il notaio Rolando Nutini da Pisa e da Pistoia, Gianfranco Pancani, Cesare Castellotti da Torino con la sua cravatta a mo’ di bavaglino, Gino Rancati da Torino, Emanuele Giacoia da Catanzaro, Maurizio Calligaris da Udine e da Trieste.
Non li dimentico.
Dulcis in fundo Luigi Necco che oggi ci ha lasciati.
Uno degli ultimi di questa meravigliosa e semplice gente che ha affiancato la nostra passione.
Luigi Necco per noi campani era una vera istituzione. La sua bonomia partenopea non era debolezza.
Con la schiena dritta aveva saputo opporsi a chi avrebbe voluto limitarne le cronache che spesso non si fermavano ai 90 minuti del campo ma abbracciavano costumi e comportamenti, non sempre leciti, molto vicini al calcio.
Per questo pagò con la gambizzazione, senza però indietreggiare di un millimetro.
Lo vedevo ancora, affaticato, su una televisione partenopea denunciare le criticità di Napoli esaltandone sempre con giusta fierezza le bellezze e la sua unicità.
Mai ammiccante verso il potere né tantomeno verso il facile e demagogico consenso che molti di noi auspicano sentirsi raccontare.
Luigi Necco è stato davvero un amico, senza che lui lo sapesse, nella nostra vita.
Ciao Luigi.
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