E’ una fredda, tanto per cambiare, mattina finlandese.
Credo nel 1990. Trascorro le vacanze invernali, all’epoca abbastanza lunghe rispetto ad oggi, in Finlandia presso la famiglia della mia ex consorte. Non c’è gran che da fare una volta trangugiato il lunghissimo caffè finnico e mangiato un “pulla”. Il dolce tipico.
Come ogni mattina, dopo esser andato in libreria a prendere la Gazzetta dello Sport del giorno precedente ed averci dato un primo sguardo, vado in una delle mete quotidiane che è la biblioteca pubblica. Molto grande, ben fornita e con grandi sale per la lettura.
Una pacchia. Soprattutto per chi non ha nulla da fare e sta contando i giorni restanti per il ritorno a casa ad Ischia. La sezione italiana della biblioteca è fornitissima. Guareschi è il vero mito dei finlandesi, ma tutta la letteratura del nostro Novecento è presente.
Riporto “Il Mestiere di vivere” di Cesare Pavese e l’impiegata, che oramai mi conosce bene, mi chiede se voglio prendere qualcos’altro. Inizio a scorrere tutta la sezione e passo da Pasolini a Pirandello, da Moravia a Gadda.
Poi, una serie di libri tutti dello stesso autore. Un mio conterraneo. Avevamo visto, con gli amici di sempre, tutti i suoi films. Ma onestamente, vuoi per pigrizia, vuoi per una forma di stupido snobismo non avevo mai acquistato suoi libri. Qui in Finlandia, in una città tutto sommato periferica di una nazione tutto sommato, ed ingiustamente aggiungo, periferica, trovo tanto di quello che ha scritto Luciano de Crescenzo. Tutti i libri presenti sono tradotti in finlandese ed ho accanto l’impiegata che, entusiasta, mi dice in inglese che ha letto tutto di De Crescenzo. Come spiegarle che è un mio conterraneo, ma che io non ho letto nulla? Preso dalla vergogna, ma con il piglio di chi la sa lunga, mi prendo il primo della fila: “Zio Cardellino“
Non ho più smesso di leggere tutto ciò che ha pubblicato Luciano De Crescenzo. Non ho i titoli per poter recensire la riflessione agrodolce che viene fuori da “Zio Cardellino“, ma dire una mia idea si.
“Il dirigente di una grande multinazionale inizia a cinguettare davanti ai suoi superiori. Come può colui che ha una funzione pubblica severa ed importante iniziare ad agitare le braccia nel tentativo di spiccare il volo? E’ quello che sta capitando a Luca Perrella. Ma perché bisogna essere matti per spiccare il volo? Forse ognuno di noi vive un tempo ed una vita che non sono le nostre ma quelle che siamo costretti a percorrere per una serie di convenzioni e di sovrastrutture che la società, il pensiero comune e la quotidianità ci fanno vivere e che in parte noi facciamo vivere a chi ci sta vicino.”
L’élite culturale italiana ha sempre snobbato i veri divulgatori. Coloro che hanno reso semplice quello che per i “professori” deve rimanere complesso e, possibilmente, riservato a pochi. Ecco perché oggi alla morte di Luciano De Crescenzo, un gigante della nostra cultura e del nostro patrimonio umano, non si sono letti i commenti dei grandi studiosi italiani ma sono i lettori, gli uomini comuni, i curiosi quelli che davvero ne piangono il talento straordinario.
Zio Cardellino riempie la sua nuova vita di contenuti totalmente diversi rispetto alla grigia quotidiana vita fatta sì di successo e responsabilità ma priva di slanci emotivi.
Come seppe fare De Crescenzo, Zio Cardellino, lasciando il suo ruolo di Ingegnere informatico alla IBM per iniziare a vivere l’incertezza dello scrittore allargando lo spazio della sua vita senza aver bisogno di allungarlo come amava ripetere.
Ripetere ossessivamente tutto quello che ci ha lasciato è inutile, ma concludo questo velleitario, per certi versi, ricordo, che però nel mio piccolo sento di fare, segnalando il libro che De Crescenzo riteneva più suo di tutti:
“Il dubbio“
“In questo libro pongo quattro grandi domande
Esiste Dio?
Esiste il Destino?
Che cos’è il tempo?
Che cos’è lo spazio?
e cerco di trovare, se non proprio una risposta, almeno un tentativo di risposta”
La sintesi di questo straordinario Uomo e del suo contributo alla cultura italiana è probabilmente qui dentro.