Siamo quello che mangiamo, siamo chi eleggiamo ma quasi certamente siamo pure ciò che vediamo.
Pomeriggio sonnolente di una domenica uggiosa. Mentre sonnecchio sul divano, sento mia madre inveire contro lo schermo. Mia madre, 92 anni orgogliosissima pasdaran meridionalista, la chiama semplicemente Barbara, essendo ahimè di casa. Al secolo Barbara d’Urso sta intrattenendo il suo pubblico sull’amabile e “recente” scontro nord-sud che tanto fa bene alla crescita culturale del nostro paese. Ha preso spunto dalla sguaiata e volgare intervista di uno pseudo giornalista di Rai3 che, alla vigilia di Juventus Napoli, rammentava come i napoletani si riconoscessero dalla puzza.
Salvini è l’oggetto delle invettive materne.
Dunque un parterre de Roi composto dalle migliori menti della nazione si confronta con argomenti e toni di altissimo livello. Nell’ordine Metteo Salvini e un altro leghista in studio tale Buonanno, poi un giornalista, tale Facco, che rivuole la Repubblica di Venezia. Dall’altro lato la Mussolini, la Pellegrino e Lembo, il caprese di “Anema e Core”, che in questo bailamme sembrerebbe il più equilibrato. Il tutto orchestrato da “Concetta Mobili” alias Barbara.
Festival del trash e dell’ovvio ed occasione ancora una volta mancata per farci conoscere e legittimarci. Ma possibile che quando si tratta di affrontare le tematiche relative all’economia, alla storia ed alla cultura della nostra nazione altro non si possa fare che esibire tutta questa pattumiera proveniente dal sud come dal nord? Con l’aggravante che in questo circo Barnum dell’ovvietà ci sono pure tre parlamentari tra nord e sud pagati, lautamente, dalla comunità per sparare sciocchezze.
Tra le tante corbellerie non ci facciamo mancare l’ovvietà che noi siamo pieni di immondizia mentre al nord ci sarebbe ma non la si vede perché c’è la nebbia, o ancora al sud non pagate le multe e le assicurazioni, o ancora la canzone napoletana è più famosa nel mondo di quella milanese.
E dulcis in fundo la regina del trash, anch’essa napoletana verace, che a fronte delle millenaria cultura partenopea non ha altro da offrire che una ridicola canzone neomelodica che storce con il patrimonio legato ai De Filippo come a Scarpetta, a Totò come ai Giuffrè, a Taranto, a Murolo, a Bennato, a Pino Daniele e quanti hanno esportato nel mondo una tradizione straordinaria.
Nella stessa giornata a tarda ora mi ritrovo a vedere un documentario su El Alamein. Interviste e testimonianze di reduci. Eroi straordinari che non abbassarono la testa. Accenti padani, toscani, napoletani, sardi e siciliani che si sovrappongono. Eroi che parlano con voce roca e stanca dell’orgoglio di aver servito la bandiera italiana senza pensare alla morte ma in ragione dell’amicizia e dello spirito patrio.
Mai avrei immaginato di commuovermi al sentir parlare di patria, ma quando dopo 70 anni si sovrappone la D’Urso ed il suo circo a questi straordinari uomini, che non si posero il dubbio nord sud, che non misero la loro vita e i loro interessi davanti a quelli collettivi pur riconoscendo di aver servito un regime ahimè dispotico e dittatoriale, allora mi domando e domando:
Ma chi ve lo ha fatto fare se il risultato doveva essere la somma cialtronesca di questa “informazione” e questa classe politica?